I giorni di Trieste: La città contesa
Teatro Verdi 23/02/2014
Prof Andrea Graziosi
Nel 1954 Trieste ritorna all’Italia.
È l’unica delle città contese europee a non passare di mano, come succede invece a Leopoli, polacca, ebraica e ucraina, divenuta ucraina e russa, a Vilnius, polacca e ebraica e poi lituana e russa, ma anche ai centri ungheresi della Transilvania, a quelli tedeschi del Baltico, o a quelli armeni e greci della nuova Turchia. Passaggi che hanno coinciso con alcune delle tragedie del XX secolo e che hanno visto il comunismo sostenere le teorie nazionalistiche. La seconda guerra mondiale e la guerra fredda hanno inciso sui destini di queste città, e in particolare su quelli di Trieste che riesce invece a restare italiana. Ma a che prezzo?
Trieste ha fatto parte del gruppo delle città plurilingui europee, città che all’inizio della grande modernizzazione erano abitate da popolazioni miste, con lingue e spesso religioni diverse, di cui una in genere dominava le altre, sia dal punto di vista economico che da quello culturale, e spesso anche da quello demografico. Erano inoltre in genere città circondate da campagne abitate invece da popolazioni diverse per lingua e religione da quelle urbane. Queste città esistevano anche nella parte occidentale del nostro continente, come Dublino o Belfast, ma anche ad alcune città dei paesi baschi. In quella orientale, però, costituivano quasi la regola: per esempio Praga dominata dai tedeschi e con un forte insediamento ebraico, dove i cechi erano duecento anni fa una minoranza, o a Vilnjus, una città polacca e ebrea circondata da campagne lituane. Ma anche a Salonicco, Riga, Leopoli, Bratislava, Wroclaw ecc.
Già nel corso del XIX secolo la veloce urbanizzazione portò nelle città masse crescenti di contadini, attratti dallo sviluppo industriale, ponendo le basi per conflitti sempre più acuti, ma ancora pacificamente risolti, fatta eccezione per le zone dei Balcani resesi indipendenti dai turchi, dove spesso le popolazioni urbane musulmane, prima dominanti, furono perseguitate e comunque costrette ad emigrare.
Questi contadini si scolarizzarono, presero infatti a reclamare loro scuole, loro istituzioni culturali e loro chiese, un processo facilitato dalla progressiva democratizzazione, che allargava il diritto di voto, ed era naturalmente osteggiata dai vecchi gruppi dominanti.
Gruppi linguistici a Trieste
1910 | 1921 | 1971 | |
ITALIANI | 65% | 91,8% | 94,3% |
SLOVENI | 24,8% | 8,2% | 5,7% |
TEDESCHI | 5,2% | – | – |
Tabella demografica di Trieste
1850 | 70.000 |
1880 | 145.000 |
1910 | 230.000 |
1921 | 239.000 |
2010 | 203.000 |
A Trieste la popolazione slava crebbe fino a reclamare il possesso della città in base alla teoria esposta da Tito, ma formalizzata già nel 1921 da Stalin riecheggiando gli argomenti del nazionalismo romantico, secondo cui le città appartenevano alle campagne circostanti.
Ma perché alla fine Trieste fu l’unica delle “città contese” a non passare di mano, come accadde per esempio a Leopoli, Vilnjus o Smirne? Per ragioni politiche e geografiche. La guerra fredda, che già nel 1945 contrapponeva gli ex alleati, permise infatti agli italiani di sfruttare i conflitti tra i vincitori: gli angloamericani, che all’inizio gli erano stati favorevoli, presero allora le distanze da un Tito che nel 1945 era forse il campione più determinato dell’Urss e delle politiche staliniane.
Ciò rese possibile agli italiani difendere Trieste, cosa facilitata dalla sua vicinanza geografica all’Italia. Da questo punto di vista, fu un bene che i conflitti tra Tito e Mosca scoppiassero solo nel 1948. Se fossero scoppiati prima, e gli alleati avessero assunto prima una posizione filo-jugoslava, è probabile che Trieste sarebbe caduta nelle mani di Tito. La svolta del 1948, che peggiorò sensibilmente la posizione italiana, fu invece determinante nel decidere delle sorti dell’entroterra, e quindi delle limitatissime dimensioni dell’insediamento italiano, ridotto al territorio urbano e alla piccola striscia che lo collegava al “corpo della nazione”. Trieste si ritrovò così ancora italiana, ma separata dai territori cui era stata tradizionalmente legata, e quindi costretta a vivere una vita difficile, se paragonata al grande sviluppo precedente.
Trieste è l’unica città contesa che riesce a conservare la sua identità nazionale di partenza.
Il ritorno dell’Italia
Nel 1954 Italia e Jugoslavia si spartirono il Territorio Libero e Trieste (Zona A) ritornò a far parte dell’Italia, mentre l’Istria (Zona B) venne assegnata alla Jugoslavia.
Nel 1975 il trattato di Osimo sancirà definitivamente questa divisione.
Mi duole far notare che nella tabella riportata sopra esiste un madornale errore,riguardo l’anno 1921,il grafico dice:Lingua Italiana 91,8% e slovena 8,2% quindi il 100 %!(ricordo che croati e Serbi non parlano lo Sloveno) E mi si spiega allora che fine hanno fatto,Serbi,Croati,Greci,tedeschi stessi o altre minoranze?Non è che questo dato sia importante,ma se si pubblicano cifre errate…come si fa poi a credere che le altre siano esatte? Sperando in una rsposta saluto cordialmente.
Buonasera,
come si evince dalla tabella vengono presi in considerazione solo tre gruppi linguistici (italiano, sloveno, tedesco) sono escluse dalle percentuali le minoranze.
Cordiali Saluti,
Daniele De Marco