I giorni di Trieste: 1945 – La corsa per Trieste

esodo

I giorni di Trieste: La città in bilico

Teatro Verdi 09/02/2014

Prof Raoul Pupo

Con “corsa per Trieste” si intende l’avanzata verso la città compiuta in maniera quasi concorrenziale nella primavera del 1945 da parte dell’armata jugoslava e quella britannica.

La definizione è stata coniata da Geoffrey Cox, all’epoca dei fatti ufficiale di intelligence della seconda divisione neozelandese incaricata di prendere possesso di Trieste che nel 1947 pubblicò il libro “The Race to Trieste”.
L’immagine evoca una competizione in cui i due concorrenti si impegnano allo spasimo per raggiungere la meta, “la perla”, come la chiamavano gli inglesi, cioè Trieste.

partizan_predaje_zastavu_novozelandjaninu_trst_1945._141L’armata jugoslava
La quarta armata jugoslava, comandata dal generale Petar Drapšin, fece l’impossibile per arrivare per prima, perché il fronte di liberazione comunista aveva accolto le tradizionali rivendicazioni nazionali dei popoli jugoslavi, sperando in tal modo di distoglierli dalla terrificante guerra civile seguita all’aggressione tedesca ed italiana del 1941, mentre l’Istria e il Litorale stavano nel cuore dei patrioti sloveni e croati.
L’ obiettivo dell’armata era quello di raggiungere la regione italiana della Venezia Giulia, a popolamento misto italiano e slavo, rivendicata dalla Jugoslavia. Scopo esplicito dell’operazione era quello di realizzare un’occupazione militare, nella convinzione che il controllo della regione contesa avrebbe reso più facile la sua assegnazione alla Jugoslavia in sede di conferenza di pace.

oldatineozelandesiatrieste1945-viL’armata britannica
L’ottava armata britannica, comandata dal generale Alexander, aveva il compito di distruggere le forze armate tedesche nell’Italia del nord, assieme alla quinta armata americana. Mentre gli americani, una volta superata la linea gotica avrebbero dovuto puntare a nord ovest, verso Genova, Milano e Torino, i britannici si sarebbero dovuti volgere ad est, in direzione di Venezia e Trieste. Per gli inglesi l’occupazione della Venezia Giulia non era una priorità bensì un problema. Era noto infatti che gli jugoslavi miravano ad assumere il controllo della regione e ciò avrebbe potuto provocare un conflitto con i partigiani italiani. Si trattava di uno scenario che ai diplomatici ed ai comandi miliari britannici ricordava pericolosamente quello della Grecia, dove nel dicembre 1944 le truppe inglesi si erano trovate all’improvviso coinvolte in una guerra civile fra partigiani comunisti ed anticomunisti.
49 Per evitare l’eventuale crisi, i britannici cercarono di concordare preventivamente con gli jugoslavi la divisione della Venezia Giulia in due distinte zone di occupazione, ma si scontrarono ripetutamente con il diniego annessionista di Tito.
A rendere più difficile la posizione inglese contribuì l’atteggiamento americano; gli Stati Uniti ritenevano che la spartizione avrebbe avvantaggiato indebitamente il governo di Belgrado nella prospettiva della conferenza della pace, spingendo gli inglesi ad una maggiore fermezza. Contemporaneamente però il presidente Truman escludeva nella maniera più assoluta la possibilità di impiegare le truppe americane in quelli che definiva “pasticci balcanici“.

Gli italiani
Gli italiani risultarono completamente tagliati fuori dalle operazioni per la liberazione di Trieste poiché né la Repubblica sociale italiana né il Regno del sud erano in grado di influenzare le decisioni dei tedeschi e degli angloamericani. Qualcosa di più sembrò poter ottenere la “diplomazia della Resistenza”, il CLN Alta Italia e il Fronte di liberazione sloveno raggiunsero in effetti un accordo di collaborazione per l’area giuliana, ma poche settimane dopo gli sloveni ci ripensarono e misero i partigiani italiani di fronte all’alternativa: o entrare nelle organizzazioni del movimento di liberazione sloveno, accettandone la linea, oppure andarsene. La maggior parte dei comunisti accettò.
Gli antifascisti del CLN e quelli comunisti, italiani e sloveni, che avevano dato vita all’Unità operaia, non si parlarono per mesi. Poi durante la crisi finale provarono a cercare un accordo ma non ci riuscirono e quindi giocarono la carta dell’insurrezione contro i tedeschi.
Trieste quindi ebbe due insurrezioni, ma nessuna delle due ebbe la meglio sui tedeschi. Per questo, fu necessario attendere le liberazioni.

map11La conquista di Trieste
La quarta armata jugoslava iniziò l’attacco il 4 aprile ma l’offensiva si arenò di fronte alla “linea Ingrid” costruita dai tedeschi. Drapšin tentò una mossa assai audace, che testimoniava la volontà del comando jugoslavo di raggiungere il proprio obiettivo a tutti i costi. Le truppe migliori vennero così concentrate a nord di Fiume per tentare di aggirare le linee germaniche. Il rischio era altissimo, perché se i tedeschi avessero deciso di contrattaccare per aprirsi la via verso nord e il confine austriaco, le unità jugoslave sarebbero state fatte a pezzi. Invece, gli ordini emessi dal comandante costrinsero i tedeschi a rimanere barricati a Fiume. In questo modo gli jugoslavi si radunarono oltre la linea Ingrid e si disposero a marciare su Trieste. 20Armd-1

Nella mattina del 1 maggio 1945 alcune unità riuscirono così ad infiltrarsi fra le maglie delle difese tedesche attorno a Trieste ed a scendere nel centro città.
L’ottava armata britannica lanciò il suo attacco il 9 aprile e fece rapidamente irruzione nella pianura padana, sebbene con un ordine ambiguo. Da un lato si ingiungeva di occupare tutta la Venezia Giulia a prescindere dal consenso jugoslavo, ma dall’altro si raccomandava, qualora gli jugoslavi non volessero adeguarsi a tale piano, di fermarsi prima di assumere qualsiasi iniziativa.
Il generale Alexander decise di conseguire quello che riteneva essere l’unico obiettivo possibile e cioè ottenere il controllo del porto di Trieste e delle linee di comunicazione verso l’Austria.
1945TRSTCOURTHOUSELe truppe britanniche arrivarono a Trieste nel primo pomeriggio del 2 maggio, dopo aver superato una debole resistenza tedesca.
Quando giunsero a Trieste i combattimenti erano ancora in corso, perché le truppe jugoslave, prive di armamento pesante, non erano riuscite ad avere ragione dei reparti tedeschi trincerati nel castello di San Giusto e nel Tribunale. Alla vista dei reparti alleati i tedeschi trattarono la resa.

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Gli jugoslavi avevano vinto la “corsa per Trieste”, ma gli alleati erano riusciti, come disse Churchill, ad “infilare un piede nella porta“.
Ne seguì una sovrapposizione non concordata di zone di occupazione, che generò la prima crisi diplomatica del dopoguerra, la “crisi di Trieste“, conclusa con l’accordo di Belgrado del 9 giugno 1945. L’accordo previde che, provvisoriamente in attesa delle decisioni della conferenza di pace, la Venezia Giulia sarebbe stata divisa in due zone di occupazione: la zona A, retta da un Governo militare alleato, e la zona B, affidata ad un’amministrazione militare jugoslava.
Da questo momento la Venezia Giulia non sarà mai più unita.

15240396Durante i quaranta giorni d’occupazione jugoslava Trieste e la Venezia Giulia furono raggiunti da un’ondata di violenze di massa, infoibamenti, fucilazioni sommarie, campi di prigionia, denutrizione e maltrattamenti .
Le autorità jugoslave procedettero all’arresto in massa dei membri dell’apparato repressivo nazista e fascista, dei quadri del fascismo giuliano, di elementi collaborazionisti, ma anche di partigiani italiani che non accettavano l’egemonia del movimento di liberazione jugoslavo e di alcuni esponenti del CLN giuliano e del movimento autonomista fiumano, assieme ad alcuni slavi anticomunisti e a molti cittadini privi di particolari trascorsi politici ma di sicuro orientamento filo-italiano. La repressione mirava ad eliminare tuffi gli oppositori all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito, quindi in particolare gli italiani. Parte degli arrestati venne subito eliminata, la maggioranza venne inviata nei campi di prigionia.trst1945piazzagrande
Il 3 maggio 1945 fu dichiarata l’annessione di Trieste e della Venezia Giulia alla nuova Jugoslavia di Tito e venne costituita a Trieste un’amministrazione jugoslava che assunse il controllo dell’economia e spostò le lancette degli orologi, per far coincidere l’ora di Trieste con quella della Jugoslavia.
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Il 5 maggio, dopo una prima serie di manifestazioni fìlojugoslave, fu stroncata nel sangue dalle truppe jugoslave una dimostrazione filoitaliana.
Le truppe jugoslave occuparono Trieste per 40 giorni, ma ai più parvero un’eternità. Il clima di incertezza quotidiana, la scomparsa di migliaia di persone, le violenze e l’incapacità di approvvigionare la città, convinsero la maggior parte della popolazione a festeggiare i soldati alleati che il 12 giugno presero possesso della città come i veri liberatori.

Informazioni su danieledemarco

La storia di Trieste attraverso i suoi palazzi, monumenti, targhe, vie e piazze. - Daniele De Marco http://scoprendotrieste.it
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4 risposte a I giorni di Trieste: 1945 – La corsa per Trieste

  1. Salvatore Cicala ha detto:

    Coinferenze all’acqua di rose le nomino io!”Pasticci Balcanici ” li definiva Truman ,che era in realtà un imbelle presidente d un leguleio senza nerbo!Uno sciocco capitato li per caso?Perché non dirlo?Perchè non dire le cose come stanno?Eminenti storici ci propinano sempre il lato A e quello B?Perché non dire che oltre ai vili massacri perpetrati con le “Foibe”i militari jugoslavi erano bestie che puzzavano lontano tre miglia?Rozzi,grezzi ignoranti cattivi sadici e criminali volete di più?Ebbene uno spaccato di chi era questa gente ve lo offro:Tutti sanno che negli orinatoi (frequenti allora)scendeva l’acqua continuamente per lavare la maiolica,ebbene fu proprio li che un girono un Triestino mentre orinava vide una compagnia di questi partigiani(ne contò 8) questi si misero a bere l’acqua che scendeva!Perchè mai avevano visto tale struttura!Vi lascio immaginare,che tipo di persone erano queste,e con loro le armate che le componevano!

  2. Franco ha detto:

    Spesso bisognerebbe vedere la causa e l’effetto delle cose. Quando Trieste era collocata nell’Austria-Ungheria per molto tempo la città prosperò, poi arrivò l’Italia a liberarla da non si sa cosa, visto che la città non era mai stata invasa (1382 dedizione di Trieste all’Austria), negli anni 20 fu cambiato persino il nome della regione da Giulia a Venezia Giulia per far vedere quello che non era mai stata, ci furono delle epurazioni non nuove per il regno sabaudo, basta leggere cosa successe a moltissime persone del regno di Napoli dopo il 1861, finite nei campi di concentramento istituiti a Fenestrelle, S. Maurizio Canavese o altri similari … e sotto l’Italia Trieste prosperò un po’ meno. Poi l’Italia per motivi suoi si schierò al fianco della Germania, invase la Jugoslavia. Non sarà forse questo il motivo che portò nella mia città l’armata di Tito? Io penso di sì. Chi dobbiamo ringraziare per quello che successe? Per la gente che scappò? Per quella che morì? Per le case abbandonate, compresa la mia? Facile indignarsi, nessuno nega la barbarie titina ma chi la scateno?

    • Sergio ha detto:

      Complimenti per il Suo intervento che invita a non esprimere giudizi sommari ed a valutare oggettivamente anche le ragioni degli altri, bisogna però dare atto al Sig. DeMarco che ha fatto un buon lavoro di sintesi (non facile vista la complessità dell’argomento trattato) e, tutto sommato, non mi pare abbia eccesso esageratamente nei giudizi, il tollerabile direi, poi tutto si può perfezionare.
      La ringrazio anche e soprattutto per la citazione napoletana, sono di Napoli anche se trapiantato a Trieste da diversi anni, e non molti conoscono gli aspetti da lei citati della “liberazione” partenopea (i Borboni erano i ns re da qualche secolo, anche loro senza invasioni, anzi, bene accolti). Le ns fabbriche furono smantellate, spesso con trucchi e inganni. Restano, certo, le ns responsabilità per non aver saputo reagire e risollevarci in tutto questo tempo, ma nei racconti dei miei nonni (a loro volta appresi dai loro genitori o nonni) sopravviveva ancora l’indignazione per i soprusi perpetrati dai piemontesi. Mia nonna materna poi, mi ha raccontato del suo nonno, onesto soldato borbonico, che per salvarsi da Fenestrelle dovette “accettare” di andare a combattere in America per i Confederati. Fortunatamente per noi, lui tornò, tanti altri no.
      Saluti

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