In Riva III Novembre, a metà strada tra il Canal Grande e Piazza Unità, c’è la Chiesa Greco Ortodossa di San Nicolò, costruita a fine Settecento proprio in riva al mare perché allora Trieste era un florido emporio e, grazie anche ai commercianti greci (1.223, censimento 1802), al porto approdavano ogni anno migliaia di battelli da tutto il Levante e inoltre San Nicola è il patrono dei marittimi, degli armatori e di tutti coloro in generale che lavorano con i traffici del mare.
Nel 1742 alcuni mercanti greci ad una fiera vennero informati dai triestini dei privilegi e delle franchigie di cui godeva il porto tergestino e una volta ritornati in patria valutarono il vantaggioso commercio. La voce percorse tutta la costa adriatica e nel 1748 Trieste ospitava già sette famiglie greche, impegnate in piccole attività come la distillazione dell’acquavite e la tessitura di cappotti. Ben presto emerse nei Greci emigrati la necessità di disporre di un luogo di culto, ove poter celebrare le sacre funzioni secondo il rito della Chiesa Greco Ortodossa.
L’abate greco Omero Damascenco si interessò al caso e ottenne dall’imperatrice Maria Teresa il permesso di costruire una chiesa, fu così che nbel 1751 fu costruita la Chiesa di Santo Spiridione Taumaturgo, ma la pianta e la funzionalità non erano ortodosse.
Fu l’imperatore Giuseppe II, il 13 ottobre 1781, a pubblicare l’editto di tolleranza, così finalmente il 9 agosto 1782 venne concesso ai Greci il diritto di fondare formalmente la loro comunità a Trieste.
Il 18 febbraio 1787 venne finalmente consacrata la Chiesa della Santissima Trinità e a San Nicolò che venne dotata di icone ed arredi sacri anche se non completamente finita.
La chiesa presenta una facciata neoclassica molto sobria, quasi anonima, rischiando di farla passare quasi inosservata se non fosse per la particolarità dei due campanili gemelli, che svettano di fronte al mare e si notano anche da lontano e la cancellata, che crea un cortiletto davanti l’entrata, a sinistra è affisso un elenco degli Archimandriti che si sono succeduti nel tempo scolpito nel marmo.
La facciata della chiesa doveva avere il rosone circolare intero ma questo fu ridotto alla sola metà superiore per lasciare posto internamente alla cantoria (spazio per i cantori e organo). La facciata fu successivamente abbellita ad opera dell’architetto Matteo Pertsch nel periodo 1818-1821.
Sul portone d’ingresso è posta un’epigrafe che tradotta dice “Con permissione degli augusti sovrani dell’Austria i greci nel 1786 edificarono questo tempio consacrato alla SS. Trinità e al loro protettore San Nicolò per potervi esercitare la religione secondo il rito dei loro padri e poi nel 1819 lo hanno restaurato e possibilmente abbellito“.
L’interno, in pieno contrasto con la facciata, è molto ricco: l’oro è il colore principale, dando molta luce alla chiesa.
La chiesa è a navata unica e la pavimentazione è in marmo a riquadri bianchi e neri. Lo spazio è diviso in tre presbiterio, navata e le due balconate (una per le donne, gineceo, e una per il coro).
Il soffitto sovrastante la navata è ricoperto da una tela (opera di un anonimo pittore greco) dipinta ad olio e raffigurante il Cristo circondato da Angeli, mentre sulle pareti laterali si trovano due grandi quadri realizzati da Cesare Dell’Acqua: il primo raffigura la Predicazione di S. Giovanni Battista, mentre il secondo Cristo nell’atto di benedire i bambini.
L’iconostasi, che separa il presbiterio dalle navate, è composta da un parete lignea a tre porte con intagli dorati, con al centro un crocifisso riccamente lavorato mentre ai lati si trovano S. Giovanni Battista con Gesù, la Madonna e San Nicolò.
Il pulpito, in legno riccamente decorato con stucchi dorati, presenta quattro pannelli a tempera che raffigurano i quattro evangelisti; sulla porta d’accesso al pulpito è invece rappresentato il Christos Basileus. Completa il pulpito un fregio austriaco ad espressione della gratitudine nei confronti degli Asburgo per aver concesso la costruzione della chiesa.
Durante le festività principali (Settimana Santa e Pasqua) viene esposto anche l’Epitafios, una scultura lignea settecentesca, rappresentante il Sacro Sepolcro, in forma di baldacchino, sormontato da tre cupole e arricchito da quattordici tavole policrome raffiguranti scene della passione di Gesù.
Infine questa chiesa possiede anche una piccola superstizione: si dice che sfregandosi alla sua cancellata le donne che vogliono avere un figlio vedranno esaudito il loro desiderio.
la prima autorizzazione del 1750-51 era ai “greci” che indicava genericamente gli ortodossi sia “illirici” come chiamavano i Serbo ortodossi che greci e la chiesa di san Spiridione, la prima, era ortodossa e comune alle due Comunità. Ce ne rimane qualche immagine dipinta e mostra una sala con iconostasi abbastanza simile, ma più semplice, a quella attuale di san Nicolò e il culto celebrato era indubbiamente ortodosso. Non ho mai capito bene, perchè sono sempre un tantino generici, i motivi della divisione della due comunità, qualcuno mi dice linguistiche, comunque I Greci mi sembra che avessero bisogno di un nuovo riconoscimento. In genere le comunità religiose triestine, e questo a me sembra interessante, ricevettero già una per una da Maria Teresa il riconoscimento, prima dell’editto di tolleranza di Giuseppe II.
Non dimentichiamo domani, per noi Epifania, per loro Battesimo di Gesù, la benedizione delle acque dal Molo davanti alla chiesa. Cerimonia seguita da Triestini un po’ di tutte le confessioni ( e non..)
quale sarebbe il “fregio austriaco” sul pulpito?
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